di Sebastiano Ilardi
House Organ Betaland Capo d’Orlando – Umana Reyer Venezia
Indimenticato Meo. Icone di una pallacanestro genuina come lui. È tornato a Capo in vacanza, tornerà ancora prima dell’estate, l’ha promesso a sé stesso perché “Capo è casa”. Basta una chiacchierata per capire quanto ci conosce bene e quanto, anche se lontano, sa tanto di noi.
Appena ha potuto è tornato a Capo d’Orlando..
È uno di quei posti dove mi sembra quasi di non esser mai andato via, mi ricorda un periodo bello e delle belle persone. Mi è sembrato di tornare in un passato che, nonostante siano trascorsi molti anni, non è mai davvero passato.
In campionato ci siamo “sfiorati”, ma so che è sempre molto aggiornato sull’Orlandina..
Sta attraversando un periodo complicato acuito dagli infortuni, tra questi la squadra ha giocato tante partite senza Jasaitis e Nicevic e ciò ha creato delle grosse difficoltà. Quando si perde l’ambiente si abbatte un po’, quello che è forse mancato quest’anno è la fiducia nei ragazzi. Venendo a Capo però non ho avvertito rassegnazione, alcuni tifosi mi hanno detto: ”Ce la faremo!”. Nessuno di voi si tirerà indietro se ci sarà da lottare, gli orlandini hanno fatto tanto per ritornare in Serie A e battaglieranno fino alla fine insieme alla squadra per far rimanere Capo d’Orlando nell’elite del basket. Non è facile, ma le speranze ci sono e sono motivate. Avete già dimostrato di essere capaci di uscire bene da situazioni difficili e l’avete fatto sempre in simbiosi con la squadra.
Che ricordo ha dell’ambiente del Palafantozzi?
Al Palafantozzi ho fatto il mio primo anno da coach in Serie A grazie a Enzo Sindoni. Il gruppo era buono, i ragazzi stavano assieme, arrivarono ottimi risultati con la qualificazione alle Final Eight e ai playoff. È stata una bellissima favola e ricordo che i tifosi erano coinvolgenti, la gente al palazzo si faceva sentire molto, incitandoci e spingendoci anche quando eravamo in difficoltà. Era il nostro valore aggiunto che sfruttavamo quando eravamo in difficoltà, il palazzetto era sempre pieno e caloroso. Penso che adesso il pubblico debba capire che è un momento difficile e debba seguire la squadra in maniera maggiore. Posti come Varese, Caserta o Cantù sono sempre difficili da espugnare a prescindere dal valore della squadra e a Capo d’Orlando bisogna ricreare questa magia. Sicuramente palazzetto pieno è un vantaggio psicologico. Nel basket di oggi il fattore campo conta ancora tantissimo.