Marco Capuano/Paolo Cuomo – Gazzetta del Sud
CAPO D’ORLANDO – Che squadra state vedendo crescere? L’obiettivo è la salvezza o si può puntare a qualcosa di più importante?
Nicevic: «Una squadra che ha ampi margini. Dobbiamo migliorare nella lettura del gioco perché, pur avendo già fatto vedere buone cose anche quando abbiamo perso contro Milano e Venezia, dobbiamo essere più fluidi nella manovra. Però è un gruppo pieno di talento. Il coach ci vuole tutti protagonisti in campo, nella serata giusta possiamo battere chiunque. Soprattutto quando Diener entrerà in forma. Mi basterebbe anche un Drake al 50%. Con la squadra che sta nascendo non farà venti tiri a partita, ma potrà essere letale anche con 15. Mi piace il modus operandi della società, l’arrivo di giocatori non affermati è una bella scommessa per il futuro. E non dovremo accontentarci della salvezza. Contro l’Armani, al debutto, abbiamo dimostrato che con il nostro gioco, al di là delle percentuali, possiamo battere chiunque».
Diener: «Troppo presto per capire dove potremo arrivare. Ogni campionato presenta sempre nuovi “rookie”, molti non li conosco, tre giornate sono troppo poche per esprimere giudizi. Dobbiamo alzare sempre l’asticella, se parliamo solo di salvezza rischiamo. E poi guardando la classifica c’è tanto equilibrio: solo Milano è a punteggio pieno e nessuna è senza vittorie. Tranne 5-6 squadre, i valori sono ravvicinati».
Una lunga permanenza in questa “perla” di Sicilia come in carriera ti è già successo a Le Mans e Treviso. Continuare a vivere qui: lo hai mai immaginato?
Nicevic: «Non mi sarei fermato così tanto se non avessi subito creduto in questo progetto di crescita. Quando sono arrivato, in Legadue, ho percepito la voglia della società di riportare la squadra ad alti livelli. E lì ho capito che sarei potuto restare a lungo, un po’ com’è successo in precedenti esperienze. Non credo che andrò in pensione come Basile – aggiunge con un sorriso – Vorrei restare nel mondo del basket, allenare è un’idea che mi piace. O fare il direttore sportivo. E io mi sento un cittadino del mondo».
Per un attimo dopo il canestro liberatorio contro Torino è sembrato di tornare indietro nel tempo di quasi 10 anni: tu braccia al cielo e tifosi saltati dalla sedia e pazzi di felicità.
Diener: «È stata una bellissima sensazione. Eravamo a +10 ma la mia tripla ha chiuso la partita. Ero felice e ho avvertito il bel clima di una volta. Quando ho deciso di tornare in Italia è stato anche per rivivere queste emozioni, per vincere grazie a un mio tiro. La scelta di Capo d’Orlando è stata felice. Ho disputato un bel precampionato. Purtroppo al mio debutto ho avuto un problema dopo due minuti. Ho trovato una squadra giovane e piena di talento, che può fare grandi cose».
Sandro, superati i 40 anni, c’è un rammarico sportivo che ti porterai sempre nell’anima?
Nicevic: «Ricordo l’estate del ’98 quando ero aggregato alla Nazionale croata Under 22 ma per un breve periodo sarei dovuto andare negli Stati Uniti per un workout, sperando di entrare nella Nba. Un periodo di prova in due squadre, una delle quali era Houston. Ma l’allenatore mi proibì di partire per gli Usa. L’avessi fatto, sarebbe scattata un’esclusione dal campionato di due anni. Non andai. E aver rinunciato a questa opportunità è il mio rammarico più grande. Con maggiore esperienza e qualche buon consiglio, avrei corso il rischio di un braccio di ferro con la mia Federazione, pur di inseguire un traguardo così prestigioso».
Drake, anche se hai quasi 35 anni e l’energia non è più quella dei tempi d’oro, noi non ti vediamo offrire un contributo da uomo-squadra, com’è avvenuto in occasione della prima vittoria stagionale. Quando la forma crescerà, siamo convinti che si divertiranno in tanti ad assistere ai tuoi nuovi spettacoli realizzativi…
Diener: «Non penso di essere il principale terminale offensivo di questa squadra. Archie, per esempio, ha un talento incredibile, sa difendere e attaccare. Anche Bruno (Fitipaldo, ndr) ha grandi potenzialità. Abbiamo una squadra molto equilibrata e chiaramente non posso essere più quello di dieci anni fa. Me ne accorgo anche durante gli allenamenti. Però sono il primo ad avere grandi aspettative su di me. Il mio rendimento potrà variare di partita in partita, ma mi conforta vedere la forza di una squadra che sta crescendo. Se sto cambiando? È stato sempre questo il mio modo di giocare. Ho sempre segnato tanto, mettendomi al servizio dei compagni. Prima il collettivo e poi il mio score. Anche lunedì quando ho sbagliato quattro tiri non ne ho fatto un problema perché l’Orlandina si stava esprimendo su ottimi standard».
Un episodio extra basket che resterà nel tuo cuore e nella tua mente.
Nicevic: «Risale alla stagione 2009/10, ai tempi di Treviso. Io e i miei compagni veniamo a sapere che una ragazzina colpita da una malattia, che ha rischiato la vita e perso gli arti, vuole continuare a fare sport. Noi giocatori facevamo beneficenza attraverso le multe per i ritardi: le somme finivano in un “salvadanaio” che poi giravamo a chi ne avesse bisogno. La famiglia della giovanissima stava raccogliendo fondi, attraverso una onlus (è la Art4Sporte aiuta i giovani amputati nella pratica dello sport, ndr), per acquistare le protesi e una costosa sedia a rotelle per la figlia. Quel giorno conobbi una piccola molto determinata che amava lo sport. Aveva la felicità dipinta negli occhi e la voglia di realizzare i suoi sogni. Quella ragazzina proprio quest’estate è diventata campionessa paralimpica di scherma: si chiama Bebé Vio… Averla vista, dopo tanti anni di battaglie, partecipare a Rio 2016, è stato per me già motivo di orgoglio e soddisfazione per quel gesto fatto all’epoca. Figurarsi ammirarla sul podio con l’oro al collo!».
Diener: «Ricordo tanti bei momenti. Al primo posto ne metto uno semplice, dei tempi di Castelletto Ticino. Era un compleanno festeggiato al palasport e stavamo vivendo una bellissima serata: ho ancora una foto conservata che mi fa spesso sorridere. È un “trenino” composto da Meo Sacchetti, Gianmaria Vacirca, il sottoscritto, Bruttini e l’assistant coach Citrini a conferma che al di là del campo, le vittorie nascono anche fuori. Poi, certo, anche a Sassari mi legano tanti bei momenti».
In quale squadra torneresti a giocare?
Nicevic: «Malaga. Il top come città ed esperienza vissuta. Restai un solo anno (2005/06) ma astò per innamorarmi di un club di altissimo livello e di un gruppo unito che sul parquet sapeva centrare i propri obiettivi. E infatti vincemmo il campionato spagnolo».
Sin troppo scontata la risposta di Diener, che a Sassari ha lasciato un pezzo del suo cuore: «Lì ho trascorso un triennio di grandi soddisfazioni. Già penso a quando tornerò con la maglia dell’Orlandina, sarà una sfida piena di emozioni. Ci ho giocato due stagioni fa con Reggio Emilia, il palasport era pieno, tutti i tifosi si sono alzati in piedi per salutarmi con grande affetto. Poi, in sala stampa c’è scappata anche la lacrima. Era l’anno dello scudetto in Sardegna, ma non ho alcun rammarico per aver salutato la stagione prima. Era il momento giusto per farlo, Sassari aveva cambiato tutto l’organico e l’aveva fatto molto bene, visto che poi conquistò il tricolore. Che avrei potuto vincere con Reggio Emilia se nel momento clou, oltre al sottoscritto, non si fosse infortunato pure Lavrinovic, un giocatore incredibile, l’uomo-chiave di quel gruppo. Un giocatore capace di segnare 13 punti in 13 minuti! Perso lui fu tutto più difficile. E la finale andò male».
Un connazionale che avresti voluto sempre accanto a te in squadra.
Nicevic: «Dico Nikola Prkacin. Con lui sono stato al Cibona. Non è stato solo un grande campione in campo, ma anche un leader dello spogliatoio, un vero capitano che ha saputo abbinare la personalità al suo grande talento».
Diener: «Certamente CJ Wallace – con l’amato cugino Travis ovviamente “fuori concorso – Lui è un amico ancora adesso. Ha appena chiuso la carriera dopo le parentesi a Le Mans e Portorico. In campo era un guerriero, un atleta coraggioso e intelligente. Avrei voluto sempre anche Caleb Green, talento e personalità al servizio di quella Sassari, un giocatore molto forte spesso condizionato dagli infortuni».
Fitipaldo è la rivelazione di questo avvio: dall’alto della tua esperienza, cosa pensi di lui e come vedi il suo futuro?
Nicevic: «È un grande lavoratore, un giocatore molto intelligente, un ragazzo che può arrivare in alto. Ha palleggio e cuore, pressa in difesa, è rapido al tiro, ma per migliorare nel ruolo di play deve prevedere il gioco e avere più autorità per guidare i compagni».
Se oggi ti dicessero: vuoi chiudere con un pluriennale la carriera a Capo d’Orlando, lì dove tutto è cominciato, ci faresti un pensierino?
Diener: «Capo d’Orlando rappresenta una parte importante della mia vita, un posto unico. A differenza di dieci anni fa, abito in centro con la mia famiglia ed è tutto più bello. In un minuto porto i miei figli a scuola e prendo il caffè al bar. La gente è affettuosa e ospitale, è bello vivere qui. Certo, nel 2007 avevo grandi ambizioni, oggi invece serenamente mi godo il presente e penso anche alla possibilità che questo possa essere l’ultimo contratto».