Salvatore Pintaudi – Gazzetta dello Sport
Tre serbi: Tepic, Stojanovic, Pavicevic. Un montenegrino: Ivanovic. Un croato: Delas. E poi c’è Nicevic, ora infortunato: altro croato dal passaporto italiano. Chi un po’ più giovane (Pavicevic è del ’99…), chi un po’ più anziano: Capo D’Orlando ha scelto la via slava per stupire in Italia. Il club siciliano ha già conquistato la qualificazione alla Final Eight di Coppa Italia, ed è quinta in campionato. La «JugoCapo» ha in Mario Delas uno dei principali interpreti: il centro offre 11.5 punti e 5 rimbalzi di media e tanta esperienza, visti i suoi trascorsi da girovago dei parquet nonostante i soli 27 anni.
Delas, come è arrivato a Capo? Chi l’ha convinta? «Anche nella passata stagione, quando Bowers s’è infortunato, c’era la possibilità di venire a giocare a Capo d’Orlando. Alla fine abbiamo ritardato di un anno, ma già allora il Poz mi aveva detto grandi cose sulla squadra, la città e l’ambiente. Quando Peppe Sindoni mi ha richiamato quest’estate, non abbiamo neanche perso troppo tempo per siglare l’accordo».
Quest’Orlandina comincia a credere nei playoff? «Ma certo. Dobbiamo tenere botta ancora in casa e mantenere l’imbattibilità, e farci sentire anche fuori casa».
Di Carlo potrebbe diventare l’allenatore dell’anno, qual è il suo maggior pregio? «Sta facendo un lavoro incredibile. Non era semplice per lui perché abbiamo avuto un sacco di problemi: infortuni, nuovi giocatori da inserire, la cessione di Bruno Fitipaldo che poteva farci sbandare un po’.. Abbiamo fatto alcune gare con soli 5-6 giocatori a disposizione a pieno regime, ma il coach ci ha fatto arrivare sempre preparati e pronti per giocare».
Cinque giocatori dell’ex Jugoslavia, una squadra a trazione europea: è questo il vostro segreto? «È più facile giocare perché tutti noi vediamo il basket nello stesso modo. La scuola cestistica dei paesi slavi è simile, quindi questo ci aiuta tanto. Ma nel gruppo non è tanto la nazionalità a legarci, ma l’ambizione e il modo di giocare».
In Coppa Italia potreste essere la sorpresa… «Per noi il sogno era di partecipare alle Final Eight, ora è di vincere con Reggio. Se saremo in grado di farlo, allora possiamo sognare pure qualcosa di più grande…».
Chi è stato fino ad oggi l’avversario più difficile da affrontare? «Penso che la partita più dura sia stata quella ad Avelino. Quella sera sono stati molto più bravi di noi, hanno giocato una delle migliori partite e noi non stati in grado di replicare».
Capo secondo molti giocatori è un posto speciale, lo è anche per lei? Come mai? «Confermo: qui tutti, nel club e fuori, sono speciali. Non sono parole a vanvera, sembra davvero di stare in famiglia. È una città piccola, questo forse aiuta, ma tutti sono sempre pronti ad aiutarti e darti tutto quello che ti serve. A volte non devi neanche chiedere».
Personalmente si aspettava un campionato così positivo? «No, perché penso di poter fare di più. C’è un sacco di margine ancora per migliorare il mio gioco, così come ce n’è per migliorare il gioco della squadra. Mi auguro solo di stare sempre bene in modo da poter lavorare duramente ogni giorno per giocare sempre meglio».
Cosa spera di aggiungere nel suo curriculum? E il futuro? «Voglio continuare a giocare a basket il più a lungo possibile, ad alti livelli o più bassi, in qualsiasi luogo sia possibile farlo. Poi vorrei compiere 40 anni ed essere ancora sul campo, come Sandro (Nicevic, ndr)».
Il compagno potenzialmente più forte? «Tutti i giovani adesso in squadra possono avere un grande futuro».
Si dice che in Serie A ci siano poche stelle: è d’accordo? «Dipende cosa s’intende per stelle. Se s’intende giocatori che guadagnano tanto, allora non è l’Italia il posto dove cercarli, però qui c’è gente che sa giocare a pallacanestro».