Mario Canfora – Gazzetta dello Sport
Mare, sole, pesce, fantasia e tante idee: non è un caso che la spiaggia di Capo d’Orlando abbia ispirato Gino Paoli per scrivere la mitica canzone «Sapore di sale». Si parla di Sicilia Orientale, lì dove tutti conoscono il fenomeno Orlandina, club di un comune di poco più di 13mila anime dove il basket è passione, vita e che oggi si ritrova incredibilmente al quarto posto con uno dei budget più bassi dell’intera Serie A. Una società piccola (che in A c’era già stata nella seconda metà degli Anni 2000 con la stella Pozzecco) dove il principale artefice di questo exploit, Peppe Sindoni, è sì il direttore sportivo, ma anche il figlio del proprietario del club, Enzo, per anni sindaco della città. «A 13 anni già puntavo a fare il d.s., era la mia fissazione», racconta lui che ora di anni ne ha 28, è il d.s. più giovane del campionato ed è destinato a vincere il premio di miglior dirigente della stagione.
Ha 28 anni ma già una solida esperienza tra campionati minori, A-2 e A…
«Il mio primo vero idolo non fu Fantozzi, come tutti potrebbero pensare (e a cui è intitolato il palasport, ndr), ma Diego Pastori. Lo seguivo ogni giorno. Il mio primo viaggio di basket fu proprio con lui, a 16 anni: in Germania per le Final Four di Bundesliga. Ma oltre a Pastori sono molto grato a Gianmaria Vacirca, una persona di grande qualità, scappata via dal basket perché da noi ormai si dà poco spazio alla fantasia».
Ossia?
«Siamo legati a leggi, formule e situazioni che non vengono mai affrontate con decisione. Ed è un peccato perché la A è un buon campionato. Certo, non ci sono stelle visto che la crisi economica non poteva risparmiarci, però proprio per questo noi società abbiamo il dovere di ripartire dal campo, cercando dei percorsi di crescita diversi».
Ha puntato sui giovani di scuola slava per un progetto a lungo raggio: Pavicevic 17 anni, Stojanovic 19, Ivanovic 22, oltre a Nikolic, 19enne in prestito in B.
«Due stagioni fa, quando ci siamo salvati in A, non vedevo l’ora di finire per essere sollevato dalla gestione degli americani, diventata pesante. Non sono un direttore delle poste che deve per forza utilizzare certi criteri. Porterei mille americani qui, però mi scontro con realtà complesse. A noi interessa prendere gente che voglia condividere il nostro pensiero, con ragazzi dalla vita normale come noi. Nulla di che, solo una vita normale. L’Europa è piena di giocatori che hanno il pedigree superiore a quelli della D-League. Nelle ultime due stagioni ho cercato di rubare tanto dai modelli slavi, mi appassionano. Chiarisco: vedere il basket serbo mi annoia, ma i loro giocatori ci insegnano tanto sull’appartenenza a un club. E poi c’è quel fascino di saper competere, bene, su più fronti».
«Un sogno: qualificarsi per i playoff e una coppa europea per confermare tutti. #AvantiCapo», ha scritto sul suo profilo Facebook.
«Sarebbe un’occasione in più per maturare. So bene che potrebbero esserci problemi di organizzazione, ma si può fare. Faremmo una Coppa a modo nostro, senza montarci la testa, col budget piccolo ma sempre con un progetto tecnico ben preciso».
In estate ha portato in Italia Bruno Fitipaldo, play uruguaiano che ha poi ceduto al Galatasaray, in Eurolega: non male.
«Nessuna scoperta sensazionale. Il suo nome era nelle liste, da almeno tre anni, di tutti i d.s. europei. Lì, è stato bravo il nostro coach, Gennaro Di Carlo, che ha scelto di puntare su un play non americano: non tutti l0 fanno. Lui è bravo e non ha paura. Proprio come Montella, il tecnico della squadra del cuore, il Milan: una passione di famiglia, mio padre frequentava la curva rossonera».
Fare il d.s. nella società del padre però aiuta…
«È un vantaggio, lo so. Ma tutto dipende sempre dai progetti che hai in testa. Dobbiamo creare valore per i club, ce lo siamo dimenticato. Anche sulle formule per i giocatori da schierare: non sono gli obblighi a creare un futuro, può andare bene tutto, basta che si sappia dove arrivare».
Il quarto posto attuale è sorprendente.
«Essere davanti a Sassari e Reggio Emilia a otto giornate dalla fine non me lo sarei mai aspettato, ma anche Brescia e Pistoia stanno facendo bene. Piuttosto, penso a un’anomalia: Luca Vitali sta facendo una stagione super, eppure Cremona, che lotta per salvarsi, ha pagato un’uscita per non averlo più».
Su Facebook e Twitter ha la foto di Basile in bella mostra.
«Straordinario. Penso che uno così non debba mai restare fuori dal basket italiano. È una risorsa da utilizzare, per il bene di tutti. Ho anche la foto di Pete Maravich sul profilo Twitter, un gigante: non la toglierò mai».
È vero che non segue la squadra in trasferta perché ha paura dell’aereo?
«Non è così, accade semplicemente perché mi sento male, vivo le partite in maniera molto intensa. È vero però che sono fuori dagli appuntamenti fissi dei miei colleghi negli States per seguire giocatori: preferisco fare tutto dalla mia Capo d’Orlando, oggi i mezzi tecnologici lo consentono».