Vincenzo Di Schiavi – Gazzetta dello Sport
INVIATO A CAPO D’ORLANDO (ME) Al quarto atto, quando tutti i paradigmi ritrovano il loro posto divaricando in modo abissale la differenza fisico-tecnica tra la metropoli e il centro più piccolo della Serie A, Milano stacca il pass di una semifinale obbligata, mentre Capo d’Orlando chiude una stagione comunque memorabile. «Complimenti ai miei ragazzi – dice Repesa – siamo cresciuti, è evidente, ma non ci possiamo fermare qui perché la qualità che produciamo in questo momento non è sufficiente per arrivare allo scudetto». E apre la serie con Trento spillando una provocazione delle sue: «Incontriamo una squadra strafisica che, per come gioca per le la facilità con cui batte l’avversario è una delle favorite allo scudetto». Iperbole. Ma nel tono c’è un sincero rispetto per una serie che si preannuncia ostica. E uno dei motivi Repesa lo evince da questa gara-4: «Bravi i miei, certo, ma se in futuro fossimo ancora costretti a vincere la partita 2-3 volte per portarla a casa, difficilmente riusciremo ad andare avanti. Quando si ha in mano la gara, bisogna ucciderla».
ANARCHIA- Succede sul +21 milanese del terzo quarto, quando Capo ritrova l’ardore difensivo con la zona, macinando palle recuperate e ricucendo fino a -8. «Li ho rivisto la mia squadra – riflette Di Carlo, in sala stampa con tutto il suo staff, mentre nel primo tempo non l’ho riconosciuta. Approccio sbagliato, anarchia totale. Certo, oggi la differenza con Milano si è vista e non parlo solo del roster, sarebbe banale, ma per come si preparano, per come giocano, per la mentalità». In effetti l’alba di gara-4 pare senza storia. E lo sentenzia, banalmente, la percentuale di tiro di Capo: 39 dopo 20′ con un 2/12 da tre da incubo. Quando McLean stampa il +14 (12-26), Capo ha già sbattuto contro il suo 5/21 uscendone rintronata. La bocca del canestro sembra ostruita da un tappo. La Betaland sbaglia in tutti i modi possibili vanificando la dote dei rimbalzi d’attacco (8-2 il bilancio nei primi 20′), regalando l’inerzia del match nelle mani di Milano. Che con naturale maestosità se la piglia senza lasciarla più. La coppia Pascolo-Radulijca oscura il duo Delas-Iannuzzi e pregevoli sono le letture del centro serbo EA7 che sa sempre dove piazzarla a Dada sotto canestro. Anche quando Repesa opta per la coppia McLean-Macvan Milano continua a macinare da sotto dove Archie e Nicevic stentano a tenere il passo. I campioni d’Italia poi, dopo quattro gare, zittiscono pure la zona di Di Carlo che tanti patemi aveva creato. Un vortice di tagli, figli di un’ottima circolazione di palla mettono sempre un uomo EA7 a un centimetro dal canestro e quando le maglie altrui si chiudono ecco le magie di alta scuola di un Simon tornato leader nell’Emporio. Di Carlo ci prova con i tre piccoli (Laquintana, Diener, Kikowski), ma non sembra serata. Milano tocca il +17 (26-43) sempre con McLean a rimarcare una superiorità che ora pare inconfutabile. Poi come dice Repesa, Milano ci mette del suo per far rientrare la meritevole Orlandina: «Nervosismo e palle perse». Così il PalaFantozzi vive l’ultimo sussulto stagionale. Berzins riesce a forare l’Emporio in area (rarità), mentre il rientrante Archie buca con le triple le certezze milanesi. Sul -8 (59-67) è ancora Macvan, come in gara-3, a chiudere i conti. «Peppe Sindoni – conclude Repesa – mi ha fatto vedere una foto scattata assieme quando ero a Bologna e lui aveva dieci anni. Quel bambino è diventato un direttore sportivo. Ha solo 28 anni, chissà dove potrà arrivare in futuro». Quello lo tratta Di Carlo: «Vorremmo, con un po’ di presunzione, divertirci ancora». Le teste, per farlo, non mancano.