Testo: Pietro Scibetta
Foto: Basketball Champions League
Dal 4 luglio del 1993 a oggi sono cambiate tante cose. Un anno disgraziato per il basket mondiale, segnato dalla tragica morte di Drazen Petrovic poco prima dei campionati Europei. Un’edizione, pero’, che cestisticamente parlando ha un notevole valore storico.
Quel 4 luglio, infatti, non si celebrava solamente l’Indipendence Day negli Stati Uniti, ma anche il primo e a oggi unico titolo continentale conquistato dalla nazionale tedesca, guidata dall’allora MVP Christian Welp alla vittoria per 71-70 in finale sulla Russia, davanti a quasi 11.000 persone all’Olympiahalle di Monaco di Baviera.
Era il basket dei due tempi da 20 minuti, dei 6.25, dei 30 secondi e dei due arbitri, ma fu il primo importante squillo di un movimento che da allora non ha smesso di crescere, puntando su piani a lungo termine, strutture dei club e delle leghe competenti, impianti di altissimo livello (basti pensare, per fare due esempi, alla O2 Arena di Berlino o al rinnovato impianto di Bamberg), allenatori di primo piano (da Svetislav Pesic già a quei tempi all’Andrea Trinchieri di oggi).
La Germania, da allora, ha espresso tantissimo: ha vinto la Coppa Korac con l’Alba Berlino el 1995 (contro la Stefanel Milano in finale), un fenomeno di portata mondiale come Dirk Nowitzki (MVP NBA nel 2007, campione nel 2011, 13 volte All-Star e una lista di record lunga un foglio A4), capace di portare la nazionale al bronzo ai Mondiali del 2002 e all’argento agli Europei del 2005.
Un paese, la Germania, che oggi nel basket ha stabilmente un posto tra le 16 superbig dell’Euroleague (Bamberg), quattro formazioni in BCL (Ludwigsburg, Oldenburg, Bayreuth, Bonn) e tre in Eurocup (Alba Berlino, Bayern Monaco, Ulm).
L’MHP Riesen Ludwigsburg arriva a Capo d’Orlando da leader del girone e da grande protagonista della Basketball Champions League: quattro vittorie consecutive, terzo attacco della competizione (87.2 punti di media). Un rappresentante di alto livello di un basket, quello tedesco, che non vuole smettere di diventare sempre più grande.